Il Messaggero – 15 Aprile 2019 – Pag 24
Palazzetto Coni, il sindaco: «Pronti all’ipotesi project»
Lo storico palazzetto dello sport di Frosinone di via Mola Vecchia, nella parte basse della città, rischia di fare la fine dei Piloni. Abbandonato, chiuso da anni. Il Palazzetto, infatti, sta letteralmente cadendo a pezzi per le mancate manutenzioni. Una parte di intonaco della parete dell’ingresso si è staccata e i residui sono alla base dell’edificio. Il cancello dell’entrata è chiuso con una catena e, al suo interno, sporcizia ed un carrello da supermercato abbandonato ne fanno da cornice. Oramai è un anno e mezzo che nessuno mette più piede all’interno dell’edificio. L’argomento è tornato di attualità durante l’ultimo consiglio comunale quando il capogruppo del Pd, Angelo Pizzutelli ha chiesto di «aprire un tavolo tecnico» aperto alle tante associazioni sportive per trovare una soluzione.
Il sindaco di Frosinone ora lancia una proposta per evitare che il tempo e l’abbandono di questo edificio possano portare al decadimento totale di questa infrastruttura cittadina. «Il palazzetto del Coni ha dichiarato il sindaco Nicola Ottaviani – non è di proprietà del Comune, ma è del Coni, anzi più precisamente della società Coni Servizi. Tenere aperta questa struttura richiede notevoli sforzi economici. Ci vogliono 120 mila euro all’anno per l’ordinaria manutenzione e poi oltre 40 mila euro di affitto al Coni. La proposta che facciamo è quella di realizzare una sorta di project financing dove, fermo restando la proprietà del Coni, i privati possano gestirla per un lasso di tempo sufficiente e poi metterlo a locazione per trarne il profitto e garantire la funzionalità e la manutenzione ordinaria dello stabile. Se ci sono imprenditori interessati a rilevare l’impianto sotto il profilo gestionale si facciano avanti».
LA PROPOSTAUna proposta che il tempo ci dirà se resterà inevasa o meno. Certo la struttura che ha visto per anni disputare gare di basket, volley, boxe, scherma ed altre discipline sportive non sempre è stata sfruttata al meglio delle proprie potenzialità, come del resto il nuovo palazzetto dello Sport, che, tranne negli anni d’oro del basket verolano, e nonostante la struttura sia moderna ed efficiente, funziona a singhiozzo.
A proposito di privati, si sono ritardi nella gestione del Parco Matusa proprio adiacente il palazzetto del Coni. Il gruppo che aveva partecipato al bando alla fine dello scorso anno, la società Iniziative Editoriali srl ha tutto l’interesse e l’intenzione ad aprire quanto prima i punti ristoro e il ristorante all’interno del neo parco Matusa. Ad oggi però i lavori non sono ancora iniziati ed il rischio, concreto, è quello di partire nuovamente in ritardo e veder sfumare la stagione migliore per vivere un’area destinata a verde. Manca infatti ancora la firma della convenzione tra comune e società dopo l’approvazione del regolamento d’uso del Parco approvato un mese fa dal consiglio comunale (la firma dovrebbe esserci a giorni); e mancano alcune autorizzazioni della Soprintendenza per i lavori di ristrutturazione del caseggiato posto alle spalle della tribuna (lato sud) e degli altri punti di ristoro. Entro la fine di maggio è previsto il completamento dell’iter burocratico e si potrebbe partire con i lavori. In una città dove, tranne alcune eccezioni (come la realizzazione dello stadio Stirpe), non sempre la sinergia tra pubblico e privato ha mostrato efficienza ed efficacia, ora serve una spinta in più. Vedremo se la proposta lanciata dal sindaco per la gestione del palazzetto Coni troverà terreno fertile oppure rischia di rimanere inevasa.
Gianpaolo Russo
Il Messaggero – 15 Aprile 2019 – Pag. 24
Ciarrapico, l’intuizione dei giornali e le inchieste
Nel bene e nel male ha segnato un periodo della storia economica, politica e del costume della Ciociaria. Le terme di Fiuggi, Andreotti, i giornali, ma anche i guai giudiziari. Con la morte di Giuseppe Ciarrapico, che si è spento ieri all’età di 85 anni, se ne va anche un pezzo della storia della Ciociaria, quando la Ciociaria contava sullo scacchiere nazionale. Tanto prestigio, ma non senza ombre e contraddizioni, di cui Ciarrapico ne fu a suo modo una delle incarnazioni. Sin dai suoi primi interessi economici in provincia di Frosinone con la tipografia di Villa Santa Lucia, nel Cassinate, dove Ciarrapico diede alle stampe volumi di stampo revisionista, in nome della sua antica e mai rinnegata simpatia per il Fascismo, e i libri di Andreotti di cui Ciarrapico fu un fedelissimo nell’epoca d’oro della Dc. La stessa, erano i primi anni Ottanta, in cui Ciarrapico acquisì le Terme di Fiuggi. Divenne il re delle acque minerali. Proprio a quel periodo, commentando la morte di Ciarrapico, è andato il ricordo di Stefano Andreotti, figlio del sette volte presidente del Consiglio: «Ebbe l’intuizione del premio di Fiuggi, alla cui assegnazione mio padre partecipava sempre molto volentieri. Come non ricordare la volta in cui venne premiato Mikhail Gorbaciov». Già, le intuizioni. Non mancavano al Ciarra. La più importante fu quella di fondare nel 1988 il quotidiano Ciociaria Oggi, poi venne Latina Oggi, esperimenti di editoria locale non così scontati all’epoca. Fu un successo, grazie ma anche nonostante Ciarrapico. Editore ingombrante, scomodo e allo stesso tempo abile a sfruttare il potere dei giornali, spesso a spese di direttori e giornalisti. Tanti dei quali in Ciociaria devono a lui la carriera nella professione. Nel bene e nel male, anche loro. Nel 2009, quando Ciarrapico venne eletto senatore nel Pdl, scoppiò lo scandalo dei contributi per l’editoria. I giornali entrarono in una lunga crisi che si concluse nel 2015 con la vendita all’asta. Furono momenti drammatici. Nello stesso anno Ciarrapico subì due condanne: una per la truffa da 20 milioni con i contributi, l’altra per bancarotta fraudolenta della Editoriale Oggi. L’ultima volta che riunì intorno a sé giornalisti e segretarie di Ciociaria e Latina Oggi, una delle sue abitudini preferite, fu nel gennaio del 2009, per festeggiare i suoi 75 anni nell’hotel Palazzo della Fonte, nella sua amata Fiuggi. C’era la sua orchestrina jazz prediletta, suonatori di Terracina. Lui al centro della grande sala, in mano il regalo delle maestranze: un’edizione di pregio di Le nozze di Cadmo e Armonia di Roberto Calasso, Adelphi. Intanto arrivano le notizie che la Finanza stava spulciando i conti dei giornali. Una scena felliniana. Da fine impero. Almeno quello editoriale.
Pierfederico Pernarella
Il Messaggero 15 Aprile 2019 – Pag. 2 (cronaca nazionale)
Titolo: Salvini: per la monnezza non serve uno scienziato Rispunta la città-Regione
ROMA Gli applausi più forti Matteo Salvini li ha presi quando ha annunciato di non voler andare ospite della trasmissione di Fabio Fazio e quando ha parlato, di nuovo con taglio critico, dell’amministrazione Raggi. «Ieri c’è stata la gara di Formula E, probabilmente l’unico momento in cui le macchine giravano per Roma senza fermarsi». Buche, rifiuti, metro chiuse. Salvini sgrana il rosario capitolino con problemi evidenti e incontrovertibili.
I TEMI CALDISa che su questi tre grandi temi Virginia Raggi, anche volendo, non può controbattere perché lui, dal Viminale, può anche aiutarla ma «il ministro dell’Interno non può portare via anche la monnezza che sta seppellendo Roma». «Non serve mica uno scienziato», la scuote. «Non posso far ripartire io le metro o mettere a posto le strade. E non ci deve rimanere male il sindaco, bisogna avere le spalle larghe», dice spazientito. Salvini parla nella sala di un hotel romano gremita di militanti e dirigenti del partito: il 4 marzo qui a Roma la Lega ha fatto il 10% e ora alle Europee si ci si attende di moltiplicare quel risultato per tre. In dieci mesi sono state inaugurate 15 sezioni nella Capitale e designati altrettanti coordinatori.
«Siamo aperti ma non siamo un tram o un treno, non mi interessa chi porta diecimila preferenze, io preferisco chi me ne porta mille pulite», avverte Salvini, che ieri notte ha chiuso le liste per le Europee. Confermato nella circoscrizione del Lazio Antonio Maria Rinaldi, e c’è anche una new entry romana, già candidata al Senato. È Luisa Regimenti, il medico legale che ha lavorato sul caso di Pamela Mastropietro, la ragazza uccisa e fatta a pezzi a Macerata.
Ma è la Capitale il chiodo fisso del vicepremier che lancia messaggi espliciti all’alleato Luigi Di Maio: «Tu ti occupi di legittima difesa e non proferisci parola sull’amministrazione di Roma? Io ho invitato la gente a votare la Raggi ma ora quando la gente mi vede dice: fate presto». Ieri, inoltre ha piantato l’ennesimo paletto sul debito storico della città e la recente operazione per chiudere la gestione commissariale. «Nessun regalo milionario per coprire amministratori incapaci. Migliaia di altri Comuni italiani hanno gli stessi problemi e identici diritti. Roma è una città bellissima da troppo tempo trascurata e abbandonata: chi ha sbagliato paghi!», puntano il dito Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari, capigruppo della Lega in Senato ed alla Camera.
«Salvini fa solo chiacchiere», dicono in soccorso di Virginia i compagni del M5S dal Parlamento al Campidoglio. «Il video? Forse non ha capito: deve pulire le strade», replica un colonnello romano del Carroccio.
LA RIFORMAE rispunta la proposta della città-regione autonoma che vuole far diventare Roma come il Veneto e la Lombardia che sgomitano per emanciparsi dallo Stato centrale con la controversa legge Spacca-Italia. Introducendo nel club anche la Capitale, con questa mossa tattica Salvini accontenta prima di tutto i suoi governatori al nord Fontana e Zaia. Così potrà dire: l’autonomia? la chiediamo per tutti.
Ieri ha parlato di ridisegnare i confini della città e ha rilanciato anche l’indipendenza di Ostia, che secondo lui dovrebbe essere scorporata da Roma. La riforma costituzionale studiata dal capogruppo leghista in Campidoglio Maurizio Politi, e raccontata ieri anche dal coordinatore regionale Francesco Zicchieri durante la conferenza programmatica della Lega Lazio, prevede di estrapolare Roma dalla città metropolitana superando definitivamente la riforma Delrio e farne un ente autonomo in termini di rappresentanza e di potere legislativo, in modo che possa governare in modo più efficiente, snello e incisivo. Ma soprattutto in modo che possa attingere ai fondi europei direttamente senza passaggi intermedi. «I 121 comuni dell’area metropolitana non hanno un punto di riferimento reale nel sindaco della Capitale perché quest’ultimo si deve occupare delle istanze romane», spiegano Politi e Zicchieri. E così sintetizzano: «Andiamo oltre l’aspetto finanziario, pensiamo a Roma come distretto autonomo».
Stefania Piras